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Bolzano, 13 gennaio 2006
VAL DI SUSA-BRENNERO: I MEGATUNNEL SOTTO LE ALPI.
Conseguenze, rischi, alternative.
Convegno tenutosi a Bolzano il 13 gennaio 2006

Intervento di Roberto Bombarda, consigliere provinciale/regionale dei Verdi e democratici per L’Ulivo

Poche ore fa, alla stazione di Trento, in attesa del treno che ci potesse trasportare a Bolzano si è fermato davanti a noi un treno merci. “Vuoi vedere”, ci siamo detti, “che a forza di risparmiare sulle ferrovie da oggi è entrato in vigore il trasporto misto merci-persone? Sempre meglio, comunque, viaggiare all’aria aperta che prendere le zecche o le cimici presenti sulle carrozze passeggeri…”

Battute a parte, vorrei prima di tutto esprimere la solidarietà mia e di tanti trentini alla popolazione della val di Susa qui rappresentata da Antonio Ferrentino. Siamo con voi! E siamo stati con voi, anche se non fisicamente, in tutti i momenti della vostra sacrosanta lotta.

Riguardo al tema di oggi, ovvero la ferrovia del Brennero, debbo dire che in Trentino si sonnecchia, si sonnecchia un po’ tutti, la politica, i giornali, le associazioni, eccetera. Forse perché, o meglio anche perché quello del Brennero – che viene ridotto sempre al solo discorso sul tunnel – viene spesso additato come un problema “esclusivo” del Sudtirolo, come se poi i treni o le merci che scendono dal Brennero – e viceversa quelle che vi debbono andare – non passassero anche lungo tutta la valle dell’Adige trentina. Va pure detto che questa posizione assunta dai trentini, in primis dalla giunta provinciale, fa il paio con la posizione di Durnwalder e della SVP sul completamento dell’autostrada A31, la cosiddetta “Valdastico”. “E’ un problema di Trento”, si sostiene a Bolzano, quasi ad evitare di pestarsi i piedi tra le due province limitrofe. Anche in questo caso, come se i tir attirati dalla Valdastico non dovessero poi riversarsi sull’A22 intasando ed inquinando ulteriormente le nostre valli fino al Brennero e poi, ovviamente, anche quelle dell’Austria e della Germania.

Il Brennero dunque è un problema anche trentino, così come l’A31 è un problema anche sudtirolese e sarebbe bene che li si affrontasse insieme, politicamente e tecnicamente parlando.

Utilizzando il gergo calcistico posso affermare che sulla partita del collegamento Verona-Brennero la Provincia di Trento ha giocato sulla difensiva, nel senso che non ha mai attaccato, ma ha sempre atteso le mosse degli altri salvo poi adeguarsi o respingerle, assumendo una posizione che pare prendere atto dell’ineluttabilità di alcune scelte che sono passate sopra la propria testa, come appunto la decisione dell’Unione Europea di realizzare il corridoio numero uno.

La posizione difensivista della provincia di Trento è ad esempio ben ravvisabile nella bocciatura del primo progetto presentato da Italferr per il quadruplicamento della tratta ferroviaria attraverso il Trentino. Italferr prevedeva infatti il passaggio in destra Adige, ciò che avrebbe comportato la devastazione della piana Rotaliana e la perforazione dei monti calcarei come la Paganella ed il Bondone, con effetti molto dannosi sulle acque, e non solo. La Provincia, dicevo, attraverso una procedura di Via fatta rapidamente ma anche con perizia e competenza da parte degli uffici tecnici, ha bocciato quest’ipotesi proponendo a RFI una nuova soluzione per il tracciato di attraversamento del Trentino, questa volta in sinistra Adige, ciò per ridurre i danni ambientali e per creare più valide circonvallazioni alle città di Trento e Rovereto. Questo è stato possibile, ovviamente, grazie all’autonomia riconosciuta alla nostra Provincia dalla costituzione e dalle norme di attuazione dello statuto, altrimenti avremmo probabilmente fatto la fine della Val di Susa… L’autonomia ci consente infatti di affrontare questo problema attraverso un accordo Stato-Provincia, che è già stato preceduto da un intesa generale quadro il 13 febbraio 2004 (nella stessa data è stata firmata dal governo l’intesa anche con la provincia di Bolzano). In sede di accordo, quando arriverà l’ora di sottoscriverlo, contiamo di poter inserire, come Verdi del Trentino, le nostre proposte che sono pienamente in linea con quanto ha già espresso Anna Donati in questo convegno.

Ovviamente, anche alla luce di quanto è stato detto e scritto, noi siamo molto preoccupati. Perché se fosse fatto il tunnel di base - sempre che si trovino i soldi per farlo, perché finora non ci sono nonostante le molte chiacchiere – si scaricherebbero sulla rete ferroviaria attuale centinaia di treni in più, che poi nel caso specifico di Trento e Rovereto attraverserebbero in pieno le città con evidentissimi disagi. E’ vero che nell’accordo stato-provincia compare per la prima volta, tra i lotti prioritari, la circonvallazione di Trento-Rovereto la quale, si dice, dovrà essere ultimata entro la data di attivazione del tunnel di base del Brennero, dunque entro il 2016. Ma i dubbi restano, poiché per i lotti di completamento si parla del 2030 e se oggi mancano i soldi per il tunnel è serio attendersi che manchino anche quelli per i lotti prioritari, che dunque difficilmente potranno essere pronti per il 2016 o comunque entrare in esercizio contemporaneamente al tunnel. Ancora, la variante proposta dal Trentino a RFI non prevede al momento di by-passare Rovereto, ma solo Trento e dunque andrà probabilmente ulteriormente rivista. Ma soprattutto andrà adeguatamente finanziata, poiché il decreto di programmazione economica e finanziaria relativo al triennio 2003-2006 prevede un costo a carico pubblico per il valico del Brennero di 2.582 milioni di euro e di altri 1.510 milioni di euro per l’asse Brennero-Verona-Parma-La Spezia. Ma il bilancio stanzia solo una parte minimale di queste imponentissime cifre, che appaiono comunque assolutamente di massima, destinate quindi a crescere in maniera sensibile. Sulle cifre del collegamento Verona-Brennero c’è stato, negli ultimi mesi, un vero e proprio balletto di cifre: chi parla di 3 miliardi di euro, chi addirittura di 7 miliardi di euro. Ciò dimostra, a mio avviso, poca serietà nei proponenti, visto che ad un’associazione no-profit che chiede un contributo di alcune migliaia di euro per una manifestazione viene chiesto il business-plan, mentre chi intende spendere miliardi di euro della collettività si può permettere di non sapere l’entità finale della spesa…

Le uniche risorse certe a disposizione di questa grande operazione sono i 550 milioni di euro accantonati da A22 per il rinnovo della concessione. Fino a qualche mese fa si affermava, anche nelle occasioni ufficiali, che dovessero essere impiegati esclusivamente per il finanziamento del tunnel di base. Ora sembra invece che possano essere impiegati per il tunnel e per la tratta di accesso, comprese dunque le circonvallazioni di Bolzano, Trento e Rovereto. Inoltre, per uno “scatto di orgoglio” trentino, sembra che la cifra debba essere divisa equamente tra i due territori provinciali. Come si vede, andando avanti così i soldi per il tunnel, già pochi, diventano ancora meno.

La preoccupazione non è solo nostra, ma di tutte le associazioni ambientaliste del Trentino, in gran parte presenti anche a questo convegno. Siamo tutti favorevoli al trasferimento del traffico da gomma a ferrovia, ci mancherebbe… ma sappiamo anche che un’opera come l’alta capacità Verona-Monaco avrà costi ambientali, oltreché economici, enormi. Sarà il più grande cantiere nella storia della nostra terra e dunque è difficile quantificare i possibili impatti sul delicato territorio delle nostre montagne. Dunque il nostro sì alla ferrovia non è incondizionato. Non tutte le ferrovie sono buone! E prima di costruire nuove opere occorre verificare quanto possono ancora offrire ai territori le opere già esistenti.

Noi siamo soprattutto convinti che le opere infrastrutturali debbano essere precedute ed accompagnate da una vera politica dei trasporti. Che si ponga in linea con il Libro Bianco dell’Unione Europea e con il Protocollo trasporti della Convenzione delle Alpi. Vogliamo che il corridoio del Brennero sia dichiarato al più presto “corridoio sensibile” e grazie a ciò possa prevedere l’attivazione di tutti quei provvedimenti che tutelino la qualità della vita degli abitanti e quella dell’ambiente dei territori attraversati. Già la direttiva “eurovignette” recentemente approvata dal Parlamento europeo, pur essendo abbastanza deludente in quanto non consente di imputare pienamente sui pedaggi autostradali i costi esterni ed interni generati dal traffico su gomma, apre la possibilità di limitare il traffico ad alcune tipologie di mezzi ed in determinate fasce orarie e di aumentare i pedaggi ai mezzi più inquinanti. Purtroppo non si arriverà ai valori svizzeri, ma è comunque il caso di iniziare al più presto ad alzare i pedaggi autostradali per i veicoli più inquinanti. Inoltre, finché non vi saranno adeguate politiche ed opportune forme di incentivazione/disincentivazione per favorire l’opzione ferroviaria, la costruzione di mega-strutture rischia di trasformarle in cattedrali nel deserto.

Dobbiamo pure chiederci per quale motivo si insista così tanto per costruire tunnel e tratte ferroviarie quando la rete attuale è sottoutilizzata e posto che non ci sono i soldi per queste opere, ne’ probabilmente ci saranno entro le date previste, stante la drammatica situazione nella quale versa il bilancio statale dell’Italia. Io una risposta ce l’ho. E la risposta tiene conto del fatto che la nostra epoca ha un idolo, cioè il denaro, cioè l’economia. E’ l’economia che guida, nel bene e nel male la nostra epoca ed è per motivi prevalentemente economici che è stata “inventata” la TAV. Pensiamoci bene: l’autonomia di cui godono le nostre province garantisce che quasi tutto il gettito fiscale che viene qui generato possa poi rientrare sotto forma di entrate delle due province. Dunque, quanto più si produce sul nostro territorio, da soggetti che qui hanno residenza fiscale, tanto più aumentano le entrate pubbliche. Così favorendo il sostegno di tutte le politiche, anche quelle sociali, scuole, ospedali, assistenza, eccetera. Un cantiere di queste dimensioni, secondo me, può portare tra spese dirette ed indotte – si possono anche calcolare applicando un moltiplicatore sull’economia locale – un aumento di qualche decimale del Pil per i prossimi dieci-venti anni, un aumento di attività per le imprese locali (dal bar vicino al cantiere alla più specializzata impresa di costruzioni, passando per le società di progettazione e consulenza) ed un aumento delle entrate delle province (in particolare per quella di Bolzano) di alcune centinaia di milioni di euro, che serviranno pertanto per finanziare tutta l’attività degli enti pubblici. E questo a costo quasi zero per le casse delle stesse province, in quanto le risorse per le opere dovrebbero derivare da fondi europei, statali o da investimenti di società private o miste pubblico-privato. Bel colpo! E’ questo, secondo me, l’unico vero motivo che porterà alla realizzazione del tunnel e delle tratte di accesso, che peraltro diverranno “obbligatorie” una volta realizzato il tunnel. Il tutto, purtroppo, senza l’accompagnamento di una vera politica dei trasporti, senza una valorizzazione della rete attuale ai fini del trasporto persone, in particolare a vantaggio dei pendolari, e senza investire per l’impatto ambientale dell’odierna rete ferroviaria.

Quello della ricerca assoluta del business come obiettivo primario mi fa venire in mente una nuova versione dell’acronimo Nimby – not in my back yard, non nel mio giardino. I gruppi Nimby sono per me molto importanti, quasi una “benedizione”, poiché impongono di guardare ogni iniziativa da un’ottica differente, valutando altre soluzioni, ovvero la stessa utilità/inutilità della stessa iniziativa. Purtroppo devo registrare una degenerazione del concetto di Nimby: infatti, in Trentino ma non solo, si stanno moltiplicando i gruppi Yinmy, cioè Yes, sì nel mio giardino, purché si portino soldi. Pur di attirare investimenti si giustificano gli scempi più efferati, distruzioni di foreste secolari in pieno parco, oppure la moltiplicazione di campi da golf o centri acquatici. Non importa se ci sono danni ambientali, non importa se un’opera è costosa ed inutile, se ce n’è una uguale a pochi chilometri di distanza: ciò che conta è che si faccia nel mio giardino, perché così qualcosa guadagneremo anche noi. E le future generazioni? Ma chi se ne frega!

Per finire, concordo in pieno con le proposte di Anna Donati. Prima di tutto serve una politica dei trasporti, poi la progettazione estesa a tutta la rete ed alle modalità dei trasporti, infine gli investimenti. Ci piacerebbe che la nostra politica avesse lo stesso coraggio degli svizzeri, giungendo ad affermare che le merci non potranno più attraversare la nostra regione se non con la ferrovia. Temo però che la storia, da noi, andrà a finire in maniera diversa.

Grazie per l’attenzione.

Roberto Bombarda
Consigliere provinciale/regionale dei Verdi e democratici per L’Ulivo

 

     

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